Monday, 31 August 2020

Combattere le fake news con la democrazia

Viviamo nell'epoca della velocità, è inevitabile che sia così. Il progresso scientifico ci ha permesso di costruire macchine sempre più potenti, ci agevolano la vita e ormai lo stesso progresso dipende da loro. Sfruttiamo la potenza di calcolo e la rete internet per accelerare quei passaggi della ricerca molto meccanici: calcoli, simulazioni, confronto di risultati; solo così possiamo superare la complessità sempre crescente dei problemi che ci proponiamo di risolvere. Oggi questi strumenti sono disponibili a chiunque nel mondo occidentale: computer, smartphone e internet. In tasca tutti hanno un calcolatore nettamente più potente di quelli che hanno mandato l'uomo sulla Luna. Viviamo nell'epoca dell'informazione rapida, facilmente raggiungibile su internet tramite i social media. Attraverso essi tutti possono leggere l'ultima notizia, commentarla, condividerla con gli amici, interagire con altre persone che hanno visto quella stessa notizia. Le possibilità sono infinite, non ci sono limitazioni, l'informazione è diventata democratica, tutto viene visto da tutti, niente schermi, se non quello del proprio dispositivo. Nulla di più sbagliato. È anarchia.

La democrazia presuppone una responsabilità del singolo verso la collettività. I paesi occidentali sono democrazie. Si raggiunge la facoltà di parteciparvi a un'età prestabilita, dopo avere passato un certo numero di anni a studiare. La scuola ha il compito di formare il cittadino. Essa fornisce ai bambini le nozioni fondamentali, leggere, scrivere e contare. In questi modo i ragazzini cresciuti possono cominciare a comprendere concetti più complessi e così imparano ad affrontare la letteratura, le scienze, la storia fino ad arrivare in ultimo a sviluppare il pensiero critico. Terminato questo percorso si ha un cittadino che può comprendere il mondo che lo circonda, le problematiche che gli si presentano e che sa scegliere in base alla situazione in cui si trova. La vita democratica è fatta da una dimensione pubblica e da una privata, non sempre scindibili, e il cittadino deve capire come pensare e agire in esse. In entrambe le dimensioni quando una persona deve scegliere, specie in questioni complesse, si appella alla sua etica personale e alla legge dello Stato. Non sempre coincidono e non sempre guidano verso ciò che è giusto, ma attraverso l'esercizio del pensiero si può giungere a una soluzione. La mente di una persona è così sempre in esercizio, in equilibrio tra giusto e sbagliato, ma senza troppi pericoli. La democrazia, basandosi su una collettività, attenua gli errori del singolo. Il problema sorge quando i singoli non esercitano più il pensiero singolarmente, ma guidati irrazionalmente da qualcosa o qualcuno.

L'analfabetismo funzionale è una degenerazione dei processi mentali che dovrebbero portare all'esercizio del pensiero critico. Un individuo analfabeta funzionale è in grado di leggere, scrivere, contare, ma non è in grado di interpretare ciò con cui interagisce, così quando si tratta di compiere una scelta, non viene guidato dalla ragione, ma da uno stimolo irrazionale. Questo è un problema causato dallo stesso sistema che una volta si poneva di eliminarlo. La scuola per molti è diventata un parcheggio in cui si imparano delle nozioni, si supera una prova di verifica e si ottiene un diploma. Questo è l'approccio sbagliato e purtroppo sta prendendo piede. Non tutti gli studenti diventano dei cittadini responsabili e se la conseguenza più ovvia è la criminalità, lo è meno che la democrazia stessa sia in pericolo e i suoi attentatori sono le persone comuni.

Quando non c'è più un obiettivo comune, la meta diventa il singolo. Gli individui cercano il benessere per sé stessi, ignorando o anche danneggiando gli altri. In democrazia l'obiettivo comune è il benessere della collettività, nell'anarchia quella del singolo. Nei social media non esiste un apparato democratico, semplicemente hanno tutti le stesse possibilità e le possono esercitare senza un'educazione a priori. Non c'è uno scopo comune, ognuno si sente libero di fare ciò che vuole, forte anche della sensazione di distacco da quello che si fa digitando su una tastiera. È giusto che internet sia un luogo libero, ma non lo è che le persone lo usino con fini ignobili. Quando non si esercita il pensiero critico, si è schiavi dei propri sentimenti, in particolare di paura, rabbia e frustrazione. Le risposte a questioni complesse diventano quindi molto semplici e dettate dall'emozione, scaturendo spesso nel violento. In questo modo non esiste dibattito, ma solo scambi rapidi e irrazionali. Sui social poi è facile incontrare persone con le stesse paure e in questo modo si creano bolle sociali impermeabili a qualunque critica esterna. Lo spirito antiscientifico è dilagante in questi gruppi, l'esempio più eclatante sono gli antivaccinisti, quello più ridicolo i terrapiattisti. Esistono gruppi che raggiungono la massima visibilità diffondendo fake news, le quali fanno leva sulle paure delle persone e le spingono a credere in dati non affidabili, conclusioni non dimostrate o teorie del complotto, annullando qualunque ragionamento sano.

Le bolle che si vengono a creare nuocciono a loro stesse finché non sono abbastanza grandi da emergere. Le bufale diventano poi materiale per individui senza scrupoli che cercano attraverso esse fortuna politica o economica. I social media sono ormai pieni di persone che condividono dati falsati, ricerche inesistenti e completamente false. I dati riguardano gli argomenti più vari e sono in grado di far cambiare l'opinione politica delle persone senza difficoltà, sfruttando la rapidità dei social network e l'ignoranza delle persone. Questa è una tattica della parte politica sovranista e populista dei vari paesi. La forza delle emozioni è maggiore di quella della ragione e queste forze politiche non si fanno scrupoli a diffondere notizie false, ma fortemente controverse, per tenere in pugno la parte più sensibile della popolazione. 

Le persone cadute in questa trappola non hanno più un senso di responsabilità personale, ma, essendo parte di un gruppo, gli viene detto da un capo che loro hanno una responsabilità comune verso qualcosa in contrapposizione a un nemico. Un esempio è il sovranismo: esso pone lo straniero come nemico e come obiettivo la conservazione della patria e di ipotetici valori tradizionali. Sui social network si sviluppano quindi delle celle che hanno l'obiettivo si raccogliere sempre più seguaci e isolare chi non ne condivide i principi. In questo mondo non esiste dibattito, il pensiero critico è annullato, il potere è in mano a figure forti. Dall'anarchia si è passati a una dittatura.

Questi passi nei social media sono già avvenuti, le persone sono polarizzate in gruppi che singolarmente vorrebbero sopraffare gli altri. Le persone su queste piattaforme virtuali sono però le stesse che tutti i giorni vivono nel paese reale, che vivono nella democrazia e che con il loro voto possono dare il potere agli stessi che li rassicurano in rete. Il pericolo esiste, la democrazia è messa alla prova non dai nuovi strumenti, ma dalle persone che hanno scelto di non scegliere o di farlo nel modo sbagliato. La soluzione è scegliere razionalmente, verificare i dati, le fonti, giudicare con la ragione secondo il principio della democrazia, non percorrendo la strada facile, ma quella più complessa del pensiero.

Emanuele Venieri

Un caso attuale di fenomeno complottista nato in rete è stato descritto molto bene in un articolo del Guardian, qui in traduzione: https://www.internazionale.it/notizie/julia-carrie-wong/2020/08/28/amp/qanon-teoria-complotto?


Wednesday, 31 January 2018

Assemblea, libertà, diritti e doveri - Sara Monti

Le assemblee sono un nostro diritto, ma anche un nostro dovere.

La libertà di pensiero, opinione e associazione viene spesso data per scontata dagli studenti delle scuole secondarie di secondo grado. Invece che un’occasione di partecipazione democratica e approfondimento di vari temi, l’assemblea, di classe o d’istituto, è considerata un’ora di svago, o una giornata di vacanza. E’ questa l’opinione diffusa. E’ questa l’opinione di migliaia di ragazzi che pensano che la scuola e l’educazione si esauriscano nel prendere qualche facciata di appunti e nell’imparare a memoria un capitolo di un manuale. Tenere la testa china sui libri è certamente utile per formarsi, per accrescere la propria cultura, e anche, perchè no, per meritare un bel voto nel compito in classe. Ma incamerare informazioni passivamente, memorizzare nozioni a compartimenti stagni con il senno di poi è anche controproducente. Sembra un paradosso, come può lo studio, quasi divinizzato nelle scuole, essere dannoso? Studiare e basta, senza dedicarsi ad altro, è come indossare dei paraocchi. Non si vedono più gli altri, i compagni di classe, i compagni di scuola, i compagni di generazione. Non ci si rende conto di quanto siano importanti il confronto e il dialogo.

Le assemblee servono a questo. Nelle assemblee di classe si dovrebbe discutere di problematiche relative al gruppo classe e alle relazioni con i docenti, sono un’occasione per avanzare proposte, o semplicemente per parlare, per fare il punto della situazione. Le assemblee di istituto sono utili a porre gli alunni di fronte a temi di attualità e di interesse. Sono una finestra sulla realtà. Sono un nostro dovere, quindi, perchè in quanto cittadini è nostro dovere imparare a rapportarci anche con il mondo al di fuori del microcosmo della scuola. Sono un nostro dovere anche perchè altri, in passato hanno combattuto perchè diventassero un diritto, una garanzia. L’assemblea, infatti, è anche un diritto. Nei regolamenti di istituto le assemblee sono annoverate nei primi articoli. Dovrebbero essere tra le priorità degli studenti, invece sono a malapena considerate, spesso addirittura disprezzate.

La motivazione di questo fenomeno va ricercata sia nel singolo studente sia nel sistema scolastico. Per quanto riguarda il singolo, si possono notare disinteresse, se non deresponsabilizzazione, rispetto a quello che accade nella scuola, quasi nessuno si preoccupa di nulla se non del proprio voto, del proprio successo. Essere ambiziosi è un bene, ma l’ambizione può essere incanalata contemporaneamente sia nel successo scolastico di per sé, sia in altre iniziative. In difesa di noi ragazzi si potrebbe sostenere che essendo ancora giovani non ci rendiamo conto di certe cose, ed è qui che la scuola dovrebbe intervenire e sensibilizzare gli alunni. Però non lo fa. Anzi, spesso fa l’opposto. Dalla prima alla quinta superiore, ci sarà sempre almeno un professore per classe che si lamenterà della perdita di tempo e dell’inutilità che costituiscono le assemblee. Sostengono che a nessuno importa nulla di quello che viene detto, che si crea solo dell’inutile confusione, che molti ne approfittano per stare a casa, che sono organizzate male. In parte hanno ragione, ma è un circolo vizioso. Un’ignoranza di fondo porta a sottovalutare il valore di un’ assemblea di istituto, solo pochi sono interessati, la maggioranza non presta attenzione e ci sono molte assenze. Di conseguenza l’assemblea risulta in un fallimento, i professori si lamentano e il Dirigente scolastico minaccia di non dare il permesso di tenere un’altra assemblea. Così si radica la convinzione che sia un affare di poco conto. E’ qui che gli insegnanti sbagliano. Indossano anche loro i paraocchi. Sono esclusivamente interessati alla loro materia, a stare in pari con il programma, ad avere una classe migliore di quella dei colleghi. Pretendono di costringerci a tenere la testa china, a studiare passivamente. A parole, a volte, sostengono l’importanza del dialogo e del lavoro di gruppo, ma il dialogo e il lavoro di gruppo devono essere fatti a modo loro, con i loro criteri e le loro regole. Respingono qualunque altra modalità, rendendo passiva una modalità di apprendimento potenzialmente attiva.

Dal punto di vista di studente, è una delusione enorme, nonchè motivo di indignazione, sentire un insegnante, un educatore, pronunciarsi contrario al diritto di assemblea. Ed è ancora peggiore quando a farlo è il dirigente scolastico, soprattutto quando la richiesta, che suona quasi come un ordine, è supportata da argomentazioni estremamente deboli, per esempio il fatto che il palazzetto dello sport in cui si tiene l’assemblea abbia un’acustica cattiva, o il fatto che ci sia una scarsa affluenza. Il problema della scarsa affluenza è innegabile, ma è riconducibile al circolo vizioso di cui sopra. E’ comunque fondamentale tutelare quella minoranza che si interessa dei fatti e che partecipa alle assemblee con interesse e attenzione, e lasciare a questo esiguo gruppo di studenti la possibilità di associarsi, esprimersi liberamente, e dialogare con i propri compagni, nel tentativo di renderli più consapevoli. Stando al Regolamento di Istituto, infatti, l’assemblea di istituto può essere richiesta dalla maggioranza del comitato studentesco o dal 10% degli studenti. Tuttavia, se il Dirigente e i professori sono ostili a tali iniziative, è facile sentirsi impotenti e essere tentati ad abbandonare la causa. E’ necessario che questo non accada.

Non bisogna lasciarsi scoraggiare da un ambiente ostile, e bisogna trovare il coraggio di far sentire la propria voce. Ci sono ragazzi che credono in tutto questo, che sono consapevoli della situazione e che vogliono cambiarla. E’ importante parlare con i propri compagni e amici, portare avanti delle argomentazioni serie e solide anche parlando con i coetanei, così che anche loro si rendano conto dell’importanza di avere rapporti con gli altri, con l’esterno. In passato altri studenti hanno combattuto per ottenere il diritto di associazione, oggi è un nostro dovere fare in modo che resti un diritto, un diritto da esercitare nel miglior modo possibile per la nostra crescita in quanto persone e cittadini.


Sara Monti 5D Liceo Scientifico Valeriani 18/01/2018

Tuesday, 9 January 2018

Regalo per Tutti al Liceo – Emanuele Venieri (articolo)

Tutti possono immaginarsi la situazione familiare per cui se un giornale pubblica il trafiletto o l’articolo di un parente, allora si va all'edicola più vicina e se ne compra una copia a testimonianza della riuscita del lavoro, è motivo di orgoglio e anche qualcosa di importante, a prescindere dall'argomento, essere riconosciuti come scrittori, anche per una volta sola, è una grande soddisfazione. La situazione quindi è: si comprano diverse copie del giornale e le si distribuisce ai parenti, una cosa innocua e divertente.

Diversamente è accaduto il 9 gennaio 2018, Liceo Scientifico Valeriani, Imola; all'ingresso degli studenti per le lezioni mattutine, quello che vi parla è uno di loro, vistosi fasci di giornali erano accatastati contro il muro ad ogni piano. Una delle proposte dei Rappresentanti d’Istituto era di portare i quotidiani d’informazione nella scuola perché fossero consultabili dagli alunni nella mattinata, poteva essere quella la motivazione, ma il flusso di pensieri nasce e muore subito, bisogna  andare nella propria classe.  Comincia la solita giornata fra i banchi, finché non entra il bidello del nostro piano in classe e con un blocco di giornali in mano, uno per ciascuno, annuncia: “Da parte del Preside, chi è interessato ne prenda uno e che non ne vengano lasciati in classe o a terra. Grazie e arrivederci.” Qui cominciano le chiacchere prontamente riprese dal Professore, è ora di interrogazione, quindi  comunque ci permettiamo di distribuire i giornali, “Il Nuovo Diario Messaggero”, in silenzio. Già dalle parole del nostro bidello era chiaro: c’era qualcosa in quel giornale che il Preside voleva che leggessimo. Allora si va subito alla ricerca; un settimanale cattolico locale non può trattare molte cose, ma senz'altro la scuola è uno degli argomenti e sfogliando le pagine si fa notare in basso una foto in primo piano del nostro Dirigente: ”Alberghetti (l’istituto “rivale” al nostro n.d.r.) boom  Torna Montanari Tutto pronto per il liceo musicale”. Ecco trovata la causa di tutto questo movimento cartaceo: un po’ di sana auto-celebrazione. Non è per togliere meriti al giornale, ha fatto informazione, la scuola dovrebbe essere di primo interesse per tutti e questa colonna di resoconto fa la sua parte, ma è la cornice a far storcere il naso.

Nel corso di questi anni non è mai stato visto il Preside, Lamberto Montanari, elargire giornali a ogni singolo alunno se non questo giorno qui e sembra non essere mai stato così attivo. Quest’anno dopo uno di reggenza L. Montanari è tornato alla dirigenza della nostra scuola e lo ha annunciato i primi giorni di scuola girando per le classi pronunciando, almeno nella mia classe, un discorso di scarsa eloquenza. Il suo ritorno è stato riportato nell'articolo come avvenimento dell’anno scolastico in corso a cui poi seguono delle novità per il Polo: sperimentazione del liceo quadriennale e del liceo musicale e coreutico. Tutte queste informazioni sono utili, ma è chiaro che non sono loro le notizie interessanti per noi, ormai siamo già tutti iscritti a scuola e delle novità ci interessa relativamente, estremizzando non è possibile pensare al quinto anno di passare al corso quadriennale del prossimo anno. E’ importante rimanere informati sulla scuola perché è la base dei futuri cittadini, ma per queste comunicazione esistono altri mezzi all’interno dell’Istituto: una circolare sul registro elettronico e si sarebbe risparmiata una grande quantità di carta. Il numero in questione de “Il Nuovo Diario Messaggero” era per altro del 31 dicembre 2017, il numero di chiusura e resoconto dell’anno, quindi poteva anche esserci l’apparenza di un dono disinteressato agli studenti, si potrebbe pensare: “E’ giunto un nuovo anno, ma ricordiamoci anche cosa è stato fatto in quello appena passato”.  Invece no, far dichiarare ai bidelli che è da parte del Preside e trovare, sicuri che ci sia, un articolo con il nome (e anche la foto) del Dirigente L. Montanari fa proprio pensare che ci fosse la volontà di mettersi in mostra direttamente, anche perché la prima parte del titolo e quindi dell’articolo riguarda il successo di un altro Istituto imolese. Non c’era necessità di tutto questo, l’incontro con le classi a inizio anno, la mediazione dei Rappresentanti d’Istituto ed eventuali altri interventi dovrebbero essere relazioni con gli studenti più che sufficienti per il corretto mantenimento della scuola. Inoltre non si sa come il Preside abbia ottenuto tutte queste copie per ognuno di noi alunni, se a spese sue o della scuola o se fossero rimanenze, oramai non importa più, comunque si spera sia carta che verrà riciclata. In questa occasione il nostro Dirigente si dimostrato essere quel parente che per caso si trova in una foto sul giornale o in un’inquadratura alla televisione e va da tutti i familiari vantandosene senza remore.

THE CHAIR NOBODY WANTS (short story)

I’m the chair nobody wants. I live in every school. You can find me in the corner of a classroom. I’m almost useless, but no one minds me, so they don’t throw me away. My life is pretty chill but also sad, and although I’m surrounded by young and beautiful people, I’m alone. You see, I’m the chair nobody wants. I could be broken, maybe with a curved leg, I could be a little unsteady, I could simply be too high or too low. I’m often ignored, but sometimes people notice me and write on me. If I’m lucky, they’ll write meaningful quotes from books or songs; if I’m unlucky, they’ll write bad words. Sometimes youngsters are nasty to me, and they try to break me even more; sometimes they do this to other students too.
Nobody knows, but I can feel and see and hear. When they write on me, I know whether they are using a pen or a marker. I can feel their feelings through the words they use. I can hear them when they talk too, when they shout, when they whisper. I can tell the difference between younger and older students. I can tell that the younger are scared and the older are bored. I feel the anxiety during tests. I know everybody’s secrets because everyone murmurs them in my corner, where they think no one and nothing will hear. But I do. I won’t betray them, though. I’m a good listener since I can’t speak. Sometimes I’m able to feel happy; this happens when someone manages to use me for a purpose, to see me as if I weren’t damaged. Today, for example, someone moved me from my old spot. For a moment I feared my end was near, but I immediately relaxed when I felt the weight of books being put on me. I had almost forgotten the smell of books. It’s so weird. I’m near the teacher’s desk. It had been a long time since the last time someone found me useful. It was two or three years ago, when a child got hurt, and he used me to hold his casted leg up.
These are the times I forget I’m a simple, broken, smudgy chair. Sometimes I feel I’m much more. However, something always reminds me who I am. This happens during the holidays, they are the worst. Everything is dark and quiet and almost creepy and boring and lonely, all at once. I get dusty, and I fear to die. I know that technically I’m just an inanimate object, but I have a conscience, and my worst fear is to lose it. I can bear almost every treatment, good or bad, I receive. I don’t fear pain; I fear the possibility of losing myself. During the holidays I’m left alone with myself, and the absence of humanity makes me stiff, as a chair should be. I don’t want to be a simple chair. I’d rather be a melancholic old chair with a conscience than a perfect functioning chair but soulless. During the holiday I cling to my sadness to stay alive. I cling to the knowledge that everyone will come back, and I cling to my memories. However, during summer and winter holidays, everybody leaves and I don’t. Because I can’t. I usually feel alive, but from this point of view I’m not, I’m not a person who can go everywhere, I’m not a book which can be carried around, I’m not a breath of wind which can fly above the earth. I’m  a broken chair, in the corner of a classroom, at the end of a long hallway, in a school, in a city. It doesn’t really matter the specific place, I could be everywhere, because everybody knows me, everybody has seen a broken chair that nobody wants at least once. I’m that chair.
(my story was published in a website! http://www.germmagazine.com/?s=the+chair+nobody+wants )